Poter fare del viaggio un lavoro, non è forse il sogno di tutti? Giulia Raciti, creatrice del blog Viaggiare Low Cost ci è riuscita, e non solo attraverso il suo blog, ma inventandosi un servizio: la sua esperienza con le guide locali in mete esotiche. Nomade digitale, Giulia lavora come free lance e costruisce viaggi su misura costituendo un contatto prezioso tra i suoi clienti e le persone del luogo. Lunghi viaggi slow e il backpacking come filosofia di vita: in questa intervista Giulia ci ha parlato della sua attività.
Come è nata l’idea di questo blog? Cosa vuole raccontare?
Il blog è nato nel 2011 durante un giro del mondo in solitaria e zaino in spalla. L’occasione mi è stata data da una semplice osservazione. Avevo infatti notato, durante i primi sei mesi di viaggio, che nonostante avessi incontrato ragazzi di tutto il mondo, non avevo incontrato neanche un italiano. Mi sono quindi chiesta se per caso semplicemente non sapevano che si poteva viaggiare per lunghi periodi in certe destinazioni del mondo. Nei primi anni questo è stato il motore che ha fatto crescere il blog. Successivamente il blog, nato come informativo in cui narravo delle mie esperienze, si è in parte trasformato. Occasione questa volta nata durante una lunga permanenza alle isole Galapagos in cui ho passato molto tempo. Mi è stato chiesto se avevo dei contatti in loco per poter organizzare un viaggio e, avendoli, non ho fatto altro che da tramite linguistico tra italiani che volevano viaggiare alle isole e l’operatore che non parlava l’italiano. Da quel giorno il blog offre anche la possibilità di organizzare viaggi su misura direttamente con tour operator locali, che ovviamente conosciamo in prima persona, così da poter garantire un viaggio etico e responsabile ma anche centrato sugli interessi del viaggiatore. Nel blog racconto le mie esperienze di viaggio, che durano molti mesi anche in un solo Paese e che vanno ben oltre la toccata e fuga. Cerco insomma di offrire ai miei lettori chiavi interessanti per vivere un in viaggio in una certa destinazione, ed ovviamente anche la mia esperienza sul campo.
Cosa significa essere un backpacker?
Quello che distingue un backpacker da altre tipologie di viaggiatori non è sicuramente lo zaino in spalla. Non a caso oggi si parla anche dei flashpacker, ovvero chi viaggia zaino in spalla ma cerca soluzioni di alloggio e di viaggio più comode. In linea di massima credo che i backpackers abbiano in comune una serie di elementi: periodi di viaggio piuttosto lunghi, viaggi con mezzi pubblici, budget limitati. Gli ostelli diventano gli “hotels” dei backpackers. Questi luoghi permettono infatti, anche a chi viaggia solo, di poter condividere una camera con altri viaggiatori, pagando solo un letto piuttosto che una camera privata. Solitamente il rapporto tempo di viaggio/budget fa diventare un viaggio di questo tipo piuttosto frugale. Quanto più si viaggia quanto più si sta attenti a certe spese, e il backpaker lo sa bene: dopo i primi giorni di rodaggio, è già abilissimo a risparmiare sulle cose superflue, come una camera privata con bagno, le comodità e la velocità di trasporti.
Cosa non può mancare nel suo zaino di viaggio?
Dipende in che continente viaggia ed in che stagione. In genere non mancano mai una giacca a vento ed una sciarpa, le infradito, le scarpe da ginnastica e abiti comodi, una felpa ed una torcia da testa. Ovviamente poi i medicinali. Personalmente cerco di non superare i 9 kg visto che devo portarli in spalla, riducendo al massimo il peso ed il materiale di viaggio.
Viaggiare lavorando: puoi dare qualche idea a chi ha questa idea in testa ma non sa bene cosa, come e dove?
Dipende quali sono gli obietti di ognuno. Molti ragazzi, sicuramente non dagli ultimi anni, per prolungare la permanenza di viaggio si inventano dei lavoretti strada facendo. Da chi lavora negli ostelli in cambio di alloggio, a chi crea oggetti artigianali da vendere magari sulle spiagge, a chi insegna l’inglese o la sua lingua. Il nomadismo digitale è un altro filone, che sembra interessare una fetta più importante di viaggiatori. Qui però ci si scontra comunque con professioni che non si possono improvvisare, solo perché si ha il desiderio di viaggiare, ma richiedono molto tempo, una certa professionalità e comunque una buona idea in testa da sviluppare.
Come è possibile costruire la rete degli operatori locali?
Viaggiando e cercandoli in loco! La mia idea, come già anticipato, è nata alle Galapagos. Delle persone che trovavano i miei post online sulle isole mi hanno chiesto se avevo dei contatti affidabili in loco, e così dopo qualche email e qualche viaggio realizzato ho capito che in effetti in tutti i miei anni di viaggio avevo accumulato una serie di esperienze ma anche una lista di contatti che sarebbero potuti tornare utili a tante altre persone. Non vado alle fiere del turismo per trovare gli operatori, mi rendo la vita più difficile, perché li vado a scovare direttamente nel loro Paese. Sono loro cliente pagante, in primo luogo, e solo se felice o soddisfatta avanzo la mia proposta di collaborazione. Dal mio lato, avendo il ruolo di aiutare gli altri a disegnare il viaggio che verrà poi concretizzato dall’operatore, sento una grande responsabilità nei confronti di chi partirà grazie a me. Motivo per cui la scelta di quest’ultimo è sicuramente la fase più delicata del mio lavoro.
Quanto del tuo tempo dedichi ai viaggi?
Viaggio circa 9/10 mesi l’anno. Per poter svolgere questa attività, devo vivere sul campo la destinazione, sondandone gli aspetti belli come quelli meno belli o pratici. Così da avere una visione completa del paese, delle infrastrutture e anche della viabilità, così da essere in grado di aiutare chi mi contatta a confezionare l’itinerario più giusto per le loro esigenze. Passo dunque molto del mio tempo in viaggio, durante il quale divido le mie giornate tra il viaggio ed il lavoro.
Commenti terminati.